Maria Rita Rossi, “Il vento contrario. Cambiamenti di prospettiva” (Sensibili alle foglie, 2015)

Il vento contrario: per far volare gli aquiloni bisogna aspettarlo…

 

 

Maria Rita Rossi, Il vento contrario

Uno dei privilegi di edillia sta nell’avere l’opportunità di misurarsi costantemente con persone e vissuti: problemi ed esultazioni e punti di vista diversi sulla vita e sul mondo.
Seguire Maria Rita Rossi e leggere e rileggere con lei la sua raccolta di racconti Il vento contrario. Cambiamenti di prospettiva (pubblicato poi da Sensibili alle foglie) è stato uno di questi privilegi: godere di una visuale da prima file su una vera e propria “religione” del cambiamento.

Cambiare. Sì. È un bel verbo.
Deriva dal latino tardo e di origine gallica; significa modificare, mutare, sostituire, trasformare. Rendere diverso, cioè che volge altrove, che muta direzione rispetto a un punto di partenza. Implica un movimento.

E se pensiamo a uno spostamento, lo consideriamo in avanti, in meglio. Andare avanti è sinonimo di libertà e la libertà costa fatica, costringe a investire energie. E le energie demordono se non supportate dal desiderio e dalla volontà.

Volontà è forse una delle prime cose che viene in mente guardando la copertina di questo libro.
Una “sterna codalunga”, come si legge all’interno, tra i credits , fotografata da Franco Pacelli nel pieno vigore del suo volo, contro quel vento che il titolo della raccolta evoca.

In effetti, quelle di Maria Rita Rossi sono storie i cui protagonisti si trovano a sperimentare la forza di un vento contrario, affrontabile solo cambiando prospettiva, solo se si è disposti a mettersi in discussione.

Sterna codalunga, di Franco Pacelli

Sterna codalunga © Franco Pacelli www.pbase.com/alomarphoto

Si tratta di dodici brevi narrazioni che hanno, per la maggior parte, protagoniste femminili… con qualche eccezione rappresentata da episodi “singolari” in cui è quella del lettore la prospettiva costretta a un rovesciamento.

Dodici storie, si diceva, raccontate dal punto di vista dei protagonisti, ponendosi cioè nella loro “visuale” per avere esattamente il loro stesso panorama sulle cose.
A rendere possibile questa empatia contribuisce un linguaggio immediato, semplice e uno stile genuino, senza filtri e sovrastrutture, capace di inseguire la corrente che attraversa le coscienze dei personaggi.
Sono persone affacciate all’uscio di un cambiamento, proiettate alla possibilità di essere travolte da una variazione. Sono lì, in procinto di fare quello spostamento in avanti e l’autrice ne segue le movenze – anche le più lievi – per cogliere quel movimento nel suo divenire, portando a galla, cioè, il processo attraverso cui si effettua la metamorfosi.
È questo il filo conduttore. Non c’è un argomento o un tema a tenere insieme i racconti. È, piuttosto, uno stato d’animo, un’attitudine, una modalità di guardare alla vita il minimo comune denominatore di questi variegati scorci di umanità che l’autrice offre a chi la legge.
Il lettore di Il vento contrario non sempre potrà identificarsi nei protagonisti di ciascuna storia. Non sempre potrà condividerne sentimenti e sensazioni: perché, magari, non è un adolescente o non ha mai vissuto l’esperienza dell’abbandono o della malattia, o non ha mai dovuto fare i conti con la morte volontaria.
Probabilmente si troverà addirittura a disapprovarne le scelte o a non trovare alcun punto in comune con loro perché non se ne sente vicino nei trascorsi.
Riuscirà, però, a coglierne le esigenze e le inclinazioni. A intuire quel desiderio e quella volontà che ne mettono in moto le energie e che guadagneranno loro la liberazione anelata.

Siamo tornati al punto di partenza: cambiare.
E non ci troviamo nella sfera dell’essere, perché l’autrice – ex docente di Lettere nella scuola secondaria inferiore, professionalmente abituata ad avere a che fare con i più diversi tipi umani, peraltro nel pieno del loro evolversi – non ha la pretesa di sostenere che cambiando se stessi si cambia il mondo.
Siamo, piuttosto, nella sfera dell’agire messa al servizio di quella dell’essere: qui è al mutare delle cose che cambia l’uomo, e non viceversa, perché è la trasformazione di ciò che lo circonda a modificarne il fare, a fargli prendere coscienza – talvolta suo malgrado – di possedere un essere non inchiodato alla costrizione.
È come se, nelle tranquille esistenze di ogni giorno – come quelle che caratterizzano i personaggi della raccolta –, sopraggiungessero improvvisamente delle “bufere” tali da rendere necessaria la consapevolezza di non avere limitazioni. Lo esprime bene l’autrice attraverso l’epigrafe – tratta da La nuova rivoluzione umana di Daisaku Ikeda – con cui “inaugura” il suo libro: «Il segreto per far volare gli aquiloni è di aspettare il vento. Quando questo inizia a soffiare, date uno strattone alla corda per farlo alzare dalla folata, mentre iniziate a correre controvento. Ricordate che anche quando incontrate dolori o difficoltà nella vita, queste vi daranno la possibilità di crescere e volare verso l’alto, come il vento contrario per l’aquilone».

Non importa se al centro di questa dinamica ci sia la ragazzina che non si sente accettata dai suoi compagni, la signora terrorizzata dalla guida dell’auto del suo uomo, un cane in attesa di tornare a casa, uno storno intimorito dall’idea di perdere di vista la sua mamma, l’amica che perde per sempre la compagna di un’intera vita o la donna abbandonata da suo marito in fuga con un’altra.
Non c’è una situazione più o meno drammatica o soddisfacente delle altre. Non ci sono individui più o meno infelici o felici di altri.
Ci sono degli individui e ci sono delle situazioni, ciascuna delle quali ha lo stesso peso e la medesima influenza in relazione al vissuto, al contesto, alla fase di vita, alle aspettative di ognuno.
Senza preconcetti.

Tocca al lettore il compito di comprendere le «mille ragioni e […] mille cause impercettibili» che vincolano e liberano, poi, i percorsi degli “abitanti” di ciascun racconto.
Osservando. Senza giudicare.